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86 l’olimpia


Filastorgo. Prendendola per moglie: cosí l’ará tolto a se stesso.

Teodosio. Ará fatto danno alla casa.

Filastorgo. Será rifatto ogni danno, ché per la Dio mercè abbiamo come possiamo farlo.

Teodosio. O uomo temerario e insolente!

Filastorgo. Anzi amorevole, ché l’amore sviscerato che portava a vostra figlia l’avea cieco del tutto.

Teodosio. Non è amore dove si cerca tôr l’onore.

Filastorgo. Non fu questo il suo primo pensiero.

Teodosio. Chi siete voi?

Filastorgo. Gentiluomo romano e desioso servirvi, e di ricchezze ancor non mediocri, che son tutte di questo mio unico figliuolo, e non indegno del vostro parentado; al qual potrete conceder senza dote la vostra figliuola per moglie.

Teodosio. A lui sarebbe torto usarsegli benignitá, e sería bene che ne piangesse la pena per aver fatto cosa indegna di voi, di me e di gentiluomo. Ma la pietá, che mi vien di voi e della mia figliuola, e massimamente unica, me vi fa concedere quanto desiderate.

Filastorgo. E da voi solo ricevo in dono la vita di mio figliuolo, il quale per lo fallo non n’era degno.

Protodidascalo. Non si perda piú tempo, accorrasi prima che si intruda in carcere e il fatto si palesi il meno che si può.

Filastorgo. Andiamo andiamo, per amor di Dio!

Teodosio. Non si fa altro. Voi mi scalzate le scarpe.

Filastorgo. Perdonatemi, ché «ad un che desia, ogni prestezza è tarda».

SCENA VII.

Mastica, Sennia.

Mastica. Mi ha giovato lo star qui intorno, perché ho inteso che costoro sono d’accordo e la cosa è riuscita a miglior fine che non pensava. Dunque io serò il primo che porterò la nuova