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atto quinto | 81 |
Ecco l’esempio. Teodosio dal capitan de’ satelliti riputato fatuo, riconosciuta la sua giustizia, è stato liberato; e Lampridio, irretito dalle illecebre amorose, inopinatamente è collapso un’altra volta in mano della giustizia e in discrimine della vita senza un modiolo di speranza, se il divino suffragio per sua perenne grazia, per farlo evadere da questi travagli, non avesse condotto in questa cittá Filastorgo suo padre. Vae mihi, che lo veggio venir tutto queribondo in vista! Orsú, per riconciliarlo col figlio mi bisogna funger l’ufficio di buon retore, in che io ho versato molti lustri. Mi servirò del genere deliberativo per commoverlo e vi mescolerò un poco del demonstrativo. Deh, perché non ho ora il mellifluo eloquio di Demostene o del moltiscio Cicerone? Ho giá l’invenzione: ecco la disposizione. L’elocuzione l’ho sicurissima. Cominciarò l’essordio e captarò benevolenza. — Filastorgo here, patronorum patrone, incolumes sis, hospes sis: la tua radiante celsitudine bene veniat!...
Filastorgo. Quanto sarei stato ben meglio in casa mia!
Protodidascalo. ... Lampridio, il vostro figliuolo, iterum atque iterum se gli commenda.
Filastorgo. Che figlio? io non ho figlio veruno: suo padre è morto venti anni sono in Turchia.
Protodidascalo. Lampridio inquam, quel vostro unigenito.
Filastorgo. Io non conosco Lampridio alcuno; quel che tu dici si chiama Eugenio né vidde me né Roma pur mai.
Protodidascalo. Vi bisogna reminiscere che gli sète padre.
Filastorgo. Egli ha un’altra madre a dispetto del padre e della vera madre sua.
Protodidascalo. Vi fu — preterito, — vi sará — futuro, — vi è — presente: tria tempora — sempre morigerante e obtemperante.
Filastorgo. Chiami tu ubidienza il finger di non conoscermi? Da chi spero io essere onorato se il mio figlio mi schernisce? Giá m’ha fatto chiaro quanto sia vana la speranza d’aver collocato in esso la quiete della mia vecchiezza, in dimostrarmesi cosí iniquo e discortese. ...
Protodidascalo. Bona verba, quaeso.