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80 l’olimpia


Mastica. Voi burlate! io me n’entro.

Sennia. Ti lascierò fuor io, e non far piú pensiero d’entrarvi.

Mastica. Lasciatemi cenar prima, ché me n’uscirò domani.

Sennia. Ti lascierò fuor io.

SCENA IV.

Mastica solo.

Mastica. Oimè, l’uscio è serrato a chiave. Sia maladetta la mia sciocchezza a farmene cavar fuora senza mangiar prima! O padrona, o padrona! Oimè, perché non cavarmi gli occhi, perché non tagliarmi il naso e l’orecchie e non cacciarmi digiuno fuori? Il carriar delle legna, il soffiar del foco mi hanno talmente diseccato il polmone che è fatto piú arido d’una pomice. Questa è stata la mia speranza in esser tutto oggi cuoco e facchino? Quando credeva che la pancia avesse a gonfiarsi duo palmi fuora, sento il ventre che mi tocca la schena; par che sia una donna figliata di fresco, una vessica sgonfiata. Oimè, che le budella mi ballano in corpo! Dove andrò a cenare, ché l’ora è tarda e ho fatto questione con tutti? O vitelle, o porchette, o lasagni, o sguazzetti, o saporetti che odoravate cosí suavemente; o liquore, o vino che tornavi l’anima dentro i corpi morti, dove sète andati? Sono venuti i lupi e s’hanno ingoiato la cena che son stato tutto oggi ad apprestare. Mi sento l’anima venire a’ denti: ben sará se questa sera non m’impicco con le mie mani!

SCENA V.

Protodidascalo, Filastorgo.

Protodidascalo. Se le cose optimamente disposite sogliono conseguir reprobi eventi, quando quidem, ché la fortuna vuol esser participante delle umane azioni; quanto piú pessimo evento aranno quelle che si fanno properanter e destitute di consilio?