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atto quarto | 71 |
perché son vivo? perché non moro? che fo in questa vita? Ma il tempo fugge e io lo sto perdendo in parole. Ecco Protodidascalo: cercherò qualche consiglio. — Che ci è, Protodidascalo?
Protodidascalo. Siam rovinati.
Lampridio. Questo vada a chi ci vuol male.
Protodidascalo. A voi è toccato in sorte.
Lampridio. Che ci è? parla presto.
Protodidascalo. Che faresti se ti portassi bene, se con tanta fretta mi dimandi il male? Ma tu ancora ignori i tuoi guai: t’apporto nuovi guai.
Lampridio. I miei guai son tanti che non se ne trovano piú per accrescerli.
Protodidascalo. Tuo padre è venuto.
Lampridio. Giá lo sai?
Protodidascalo. Ti ricerca.
Lampridio. Sai troppo.
Protodidascalo. E fra poco tempo tel troverai dinanzi.
Lampridio. Sai soverchio. Ma non sai che, avendomi trovato in presenza di Sennia, ho finto non conoscerlo e cacciatolo via. Ci è di peggio: che è venuto il vero Teodosio ed Eugenio e l’ho scacciati di casa, ed eglino sono andati alla giustizia a lamentarsi.
Protodidascalo. Heu, che non ti potea accader cosa piú mala, peggiore e pessima — positivo, comparativo e superlativo.
Lampridio. Oh con quanta difficultá s’acquistano le cose e come poi facilmente si perdono! il mio giorno ha visto la sera al far dell’alba.
Protodidascalo. Ricordati questa mane che per la via una sinistra cornice, oscine inauspicato, crocitando — per onomatopeiam, «apò tú onomatos» idest «nomen» , et «poios» quasi «factum», idest «factitium nomen» — ti predisse con infausto omine questo fatto. Giá la fortuna comincia a visitarci con le sue disgrazie, né per altro te si mostrò cosí fautrice ne’ primordi che per farti periclitare et explorare questa caduta maggiore.
Lampridio. Il superar la fortuna non è altro che sopportar i suoi colpi.