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70 l’olimpia


Eugenio. Padre, forse questa non è la casa vostra e quella donna non è Sennia vostra moglie.

Teodosio. Io l’ho ben riconosciuta. Ma questo giovane si será finto Eugenio. Sennia è amorevolissima, e il desiderio di veder suo figlio l’ará appannato di sorte gli occhi che l’ará occecati, e ce l’aranno aiutato i servi. Onde la sua astuzia, l’ardir della gioventú, la credulitá di Sennia, la malignitá di servi l’aranno servito per ruffiani.

Eugenio. In questa cittá, dov’è tanta giustizia, si trovano le genti cosí cattive?

Teodosio. Le genti cattive si trovano in ogni luogo.

Eugenio. Padre, lasciate tanti dolori, ché questi non vi restituiranno la moglie e la figliuola; e forse Iddio, che mai suole dismenticarsi de’ miseri, ne dará qualche rimedio.

Teodosio. Il rimedio sarebbe una morte che ambiduo ne togliesse di vita; ella è il medico e la medicina di tutti i mali. S’ará goduto Olimpia, che rimedio può farsi che quel che è fatto non sia fatto?

Eugenio. Almeno faremo che non la goda piú: andiamo alla giustizia, facciamolo carcerare, e quivi provi come sia me.

Teodosio. Andiamo per mostrar che facciamo alcuna cosa; e poiché abbiamo perduto le robbe e le carni, poco sará se perderemo questo poco di vita che n’avanza.

SCENA X.

Lampridio, Protodidascalo.

Lampridio. Mai comincia una sciagura che non ne seguano mille, ché la fortuna non si contenta d’una sola. Appena cominciò la prima che seguí la seconda, poi la terza; e mi getta sopra monti ardenti di mali, che appena mi dá tempo di piangere, non che rimediare alla mia disgrazia. All’ultimo, per non lasciarmi tantino di speranza, fa venir Filastorgo mio padre, onde m’è stato forza finger di non conoscerlo, burlarlo e cacciarmelo dinanzi. Con che faccia gli potrò comparir piú dinanzi? Deh,