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atto quarto 65


Lampridio. (Oimè ch’egli è certissimo; o Dio, a che ponto viene! in presenza di Sennia! non l’arei potuto incontrare a peggiore: or serò discoverto del tutto).

Filastorgo. (Non so se debbo salutarlo o se debbo correre e abbracciarlo).

Lampridio. (Non so che fare, misero me! debbo fuggire oppur fingere di non conoscerlo?).

Filastorgo. (Lo saluterò, poi con insperato gaudio vo’ abbracciarlo).

Lampridio. (Vo’ fingere di non conoscerlo; perché se mi parto, porrò Sennia in maggior suspetto).

Filastorgo. O Lampridio, figliuolo carissimo, Iddio ti salvi!

Lampridio. Oh oh, chi sète voi?

Filastorgo. Non mi conosci?

Lampridio. Non mi ricordo avervi giamai visto.

Filastorgo. Mirami bene in faccia. Che dici ora?

Lampridio. Né tampoco mi ricordo.

Filastorgo. Hai fatto la vista cosí corta o forse l’aria di Napoli è cosí grossa che non ti fa veder bene?

Lampridio. Non ti conosco né mi curo conoscerti.

Filastorgo. Non sei tu Lampridio?

Lampridio. Forestiere, m’avete tolto in cambio, perché chiamate Lampridio un che si chiama Eugenio.

Filastorgo. Il nome e i panni t’arai potuto cambiare, ma l’effigie è quella istessa che avevi in casa mia.

Lampridio. Tu sei troppo fastidioso: vuoi a forza ch’io ti conoschi non conoscendoti.

Filastorgo. Non conosci tu Filastorgo?

Lampridio. Non ho inteso nominar tal nome giamai.

Filastorgo. Che nieghi me non me ne maraviglio: maggior maraviglia sarebbe se, avendo negato te stesso, volessi accettar di conoscer me per padre.

Lampridio. Che arroganza è la tua far ingiuria a chi non conosci?

Filastorgo. L’arroganza è pur tua a non rincrescerti della tua perfidia cominciata. Pur aspettava che qualche segno di