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58 | l’olimpia |
Teodosio. Che piacere possiamo noi farvi, poveri e forestieri?
Squadra. Lo potrete fare agevolmente.
Teodosio. Eccomi all’obedire.
Squadra. Vo’ che tu, vecchio, fingi chiamarti Teodosio, e tu, giovane, Eugenio e che sii suo figlio; e vo’ che diciate che siate or ora scampati di man di turchi, e che abbiate rotto la prigionia e siate venuti a Napoli per veder se fusse viva una tua moglie chiamata Sennia e una figliuola Olimpia. ...
Teodosio. A ponto questo?
Trasilogo. Tacete di grazia, non interrompete: ascoltiate prima, poi rispondete.
Squadra. E vo’ che entrando in casa diciate, tu, vecchio: — O Sennia, consorte cara, tu sei pur viva?, — e tu, giovane: — O Olimpia, sorella diletta, o madre cara!; — e che vi abbracciate e lasciate cader dagli ocelli due lacrimette come per tenerezza, e simili gesti e parole che sogliono farsi a parenti non visti; e bisognando sappiate rispondere a queste cose. ...
Trasilogo. Entrati che sarete in casa, vo’ che mi diate per isposa Olimpia — quella sua figlia, che tu dirai esser tua sorella e tu tua figlia; — ch’io vi darò tal mancia di questo che non avrete bisogno mentre siete vivi d’andar piú mendicando.
Squadra. ... E accioché la cosa vada meglio ordimita, arei a caro che consertaste un poco gli atti e le parole, accioché incontrandovi con esse la cosa riesca piú verisimile e naturale.
Trasilogo. Cominciate su.
Squadra. (Come sta attonito!).
Trasilogo. (Deve pensare come ave a fingere e far il doloroso). Cominciate di grazia.
Squadra. (O Dio, falli cominciar tu).
Teodosio. Dunque sei pur viva, o Sennia mia consorte cara!
Squadra. Buon principio! riesce bene, piú meglio ch’io non pensava.
Teodosio. Io veramente son Teodosio padre di Olimpia, e questo è il vero Eugenio mio vero figliuolo!