Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/68

56 l’olimpia


Eugenio. Io penso che sian morte, ché di tante lettere che l’abbiamo inviate non mai di niuna n’abbiamo ricevuto risposta.

Teodosio. Potrebbe essere che le mie con le sue si fussero disperse per lo lungo viaggio; e poi non abbiamo mai avuto persone a cui sicuramente fussero state commesse. Almeno Olimpia ritrovassimo viva, che è giovane e del tuo tempo. Ma andiamo dimandando costoro: forse ne potranno dar qualche ragguaglio.

SCENA II.

Protodidascalo solo.

Protodidascalo. O mi Deus, ché per aver molto accelerato il passo non so come non sia cespitato e caduto in qualche scrobe. Il diafragma e l’organo del pulmone sono cosí quassabondi come se si volessero divellere. Io ho visto hisce oculis sbarcar Filastorgo padre di Lampridio, di che un repentino tremore m’invase cosí forte che non sapea se retrogrado dovea rimeare i passi o antigrado fugire.

Obstupui steteruntque comae et vox faucibus haesit.

Vorrei confabular con Lampridio, acciò di quello che l’ho presagito ne veggia properar l’evento piú tosto di quello che pensiculava. Nam — pro «quia, quare, quamobrem», — perché le ruine quanto meno si sperano piú tosto vengono, e con questo importuno nunzio l’intercida le sue dolcedini. Ma eccolo, mi si fa obvio: fuggirò per questa strada.

SCENA III.

Filastorgo vecchio solo.

Filastorgo. Oh che magnifica cittá è questa Napoli! non è cosa da lasciarsi di vedere. Oh che bei giardini, oh che amenitá d’aria, oh che bel mare, oh che spiagge, oh che colline! parmi che non assomigli se non a se stessa e che avanzi ogni