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atto secondo | 37 |
Trasilogo. Oimè, oimè!
Squadra. Ancor non vi ha tócco e voi gridate.
Trasilogo. Se gridassi dopo, a che mi gioverebbe?
Lampridio. Mastica, mira se è sciocco: non ha voluto venir all’esperienza dell’armi con me.
Mastica. Anzi è savio, che ha voluto prima credere che provare.
Lampridio. Andiam per i fatti nostri.
Mastica. Andiamo. Ecco mi vedrò le vene gonfie, i nervi distesi, allisciarsi la pelle della mia pancia che pareva la faccia della bisavola mia.
Trasilogo. Son partiti, Squadra.
Squadra. Sí, sono.
Trasilogo. Mira bene.
Squadra. Non vi è persona, dico.
Trasilogo. Io non ho voluto porre a rischio un par mio con lui, ché a me ogni minima ferita m’ucciderebbe perché son tutto cuore; ma egli è tutto polmone. Né gli ho voluto rispondere perché non aveva còlera.
Squadra. Perché non vi serbate la còlera per lo bisogno?
Trasilogo. Ma or che la còlera m’è salita al naso e mi fuma il cervello, ti farò conoscere chi son io. — Pecora, asinaccio sei tu. Menti per la gola: questa è mentita data a tempo, non te la torrai da dosso come pensi. Mondo traverso, perché non vieni qua ora? ché ti romperei la testa e ti cavarei col sangue l’anima: tif, taf. Hai paura di me? Fuggi dovunque tu vuoi, ch’io ti troverò e cavarò gli occhi e farò che tu stesso li veggia nelle tue mani.