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34 | l’olimpia |
facci levar mattino, ma che mangi e dorma quanto mi piace; e sopra tutto che questo pedantaccio non accosti in casa.
Protodidascalo. Menti, lurcone, nugigerolo, sicofanta!
Mastica. Menti tu, che sia tuo fante.
Protodidascalo. Heu, heu, heu!
Mastica. Guai ti dia Dio, che hai?
Protodidascalo. Mi doglio all’antica. Da dolentis? heu, ah et cetera. Ma «o tempora, o mores», o aurea etá, dove sei transacta, ove sei! o Cicerone che increpavi i tuoi tempi! Siamo in questo esecrando secolo, in questa etá ferrea a garrir con questo petulante.
Mastica. Vuoi disputar meco? e se vincerai vo’ star un giorno senza mangiare, e se perdi vo’ farti un cavallo, ché non sai accordare il geno mascolino col feminino.
Protodidascalo. Va’ e disputa con i tuoi pari dell’arte tua, de re culinaria.
Mastica. Anzi questa è l’arte tua.
Protodidascalo. Dico «culinaria» seu «coquinaria», cioè di cocina; questo è un sinonimo.
Lampridio. Maestro, di grazia pártiti di qui, ché non può esser ben di me se mi stai d’intorno.
Protodidascalo. Leggi un poco questi endecasillabi che t’insegnano a non farti deludere.
Lampridio. Va’ col nome del diavolo tu e tuoi versi: che seccaggine è questa!
Protodidascalo. Heu misera, negletta e profligata virtude!
Mastica. Orsú, mi prometterai tu quanto ti ho detto?
Lampridio. Eh, Mastica, conoscerai in altro modo la mia liberalitá.
Mastica. Eccoti la lettera, leggi piano che non sii inteso.
Lampridio. — «Sola speranza d’ogni mio bene, ...». Oh dolcissimo principio! Beata carta, quanto tu devi tenerti piú felice dell’altre, poiché ella s’è degnata appoggiarci le belle mani! Mentre bacio questi caratteri parmi che baci quelle mani che l’han formati, quella bocca che gli ha dettati e quell’animo che gli ha concetti.