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32 | l’olimpia |
Protodidascalo. Come può esser gracilescente se dentro vi sono i Bartoli e Baldi, i testi, l’arche e la supellectile ch’avevi in casa?
Mastica. Che testi, che archi, che tele?
Protodidascalo. Quei che saepicule abbiam pignorati e venduti per pabulare con munificentissima largitade la tua hiante bocca ed empir di vino cotesta tua absorbula gola.
Lampridio. Lasciam questo: mostrami Olimpia mia.
Mastica. Scostiamci di qui, che non siam visti ragionare insieme.
Lampridio. Eccomi.
Trasilogo. (Ascolta, Squadra).
Squadra. (E voi stiate ancora intento).
Mastica. Sappi che quando la vecchia mandò a chiamare Olimpia da Salerno, la voleva maritare con un certo capitano sciagurato. ...
Trasilogo. (A dispetto di... , potta del...!).
Squadra. (Fermatevi, ché ci sará tempo a questo).
Mastica. ... Ella negando sempre non volse mai consentirvi; pur volendo la madre che vi consentisse per forza, si serrò in una camera, si stracciò i capelli, si battè il petto, né fece altro che piangere e sospirare. ...
Lampridio. Questa è la lieta novella che m’apportavi? Mi hai mezzo morto!
Mastica. Ascolta se vuoi.
Lampridio. O cielo, come consenti che gli occhi, sole d’ogni tuo sole, or sparghino tante lacrime? o Amore, come tu soffri che si straccino quelle trecce dorate con che tu suoli legare ogni persona? o cuor mio, anzi non cuore ma pietra, come non scoppi di doglia in sentir questo?
Mastica. Tu piangi? e che faresti vedendo rotta una pignatta in mezzo il foco vicino l’ora di mangiare?
Protodidascalo. Sempre sta l’animo in saziar l’inexplebile aviditate del suo elefantino corpo e pascer l’ingluvie di quella vorace proboscide.
Lampridio. Presto, finisci d’uccidermi.