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atto secondo | 31 |
Trasilogo. Dici bene, mi vo’ appigliare al tuo consiglio; potrebbe esser qualche stratagemma, che ci fusse qualche imboscata dentro. Será bisogno venirci ben provisto e tôr prima le difese. Andiamo, ché vo’ spianar questa casa da’ fondamenti.
Squadra. Fermatevi, padrone, che vien Mastica e un giovanetto, qual stimo il romano. Ascoltiamo un poco: forse ragionano su questo fatto.
SCENA VI.
Mastica, Lampridio, Protodidascalo, Squadra, Trasilogo.
Mastica. Anzi or veniva insino a Salerno a recarti la piú lieta novella che tu avessi avuta giamai.
Lampridio. Perdonami se a torto mi sono adirato teco.
Mastica. Conosci tu questa lettera?
Lampridio. Oimè, d’Olimpia mia!
Mastica. Ti porto cosa miglior di questa.
Lampridio. Che cosa mi potrá esser piú cara e miglior di questa? Parla presto: che nuova m’apporti d’Olimpia?
Mastica. Nulla, ma lei tutta insieme.
Protodidascalo. (Me miserum, io arbitrava che fusse paulo minus che evaso da questa egritudine: or questa speranza sará un suscitabulo, ché di nuovo la fiamma si pascerá delle sue midolle!). Lampridio, perpendi gl’inganni, non credere, son tutte nughe.
Lampridio. Dimmi, Mastica, dove mi porti Olimpia?
Protodidascalo. Se non la porta dentro quel suo tumido ventre, ignoriamo dove la porti.
Mastica. Questo ventre è che te la porta.
Protodidascalo. Dunque bisogna invocar: «Iuno Lucina fer opem», che tu partorisca, o chiamar un lanista che ti squarti per cavamela fuori?
Mastica. Anzi mantenermelo grasso e grosso, onto e bisonte.
Lampridio. Mira che gran ventre che ha fatto!