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atto quinto | 377 |
Pandolfo. Io voglio essere il primo a giurare. E giuro la sentenza, che uscirá dalla bocca vostra, averla sempre per rata e ferma e osservarla in ogni modo.
Eugenio. Ed io ne arcigiuro.
Lelio. Ed io ne stragiuro.
Sulpizia. Io giuro osservare tutto quello mi vien comandato da mio padre.
Artemisia. E vo’ medesimamente osservarlo, piú che se fosse mio padre.
Pandolfo. Orsú, Guglielmo caro, ognun pende dalla vostra bocca, non s’aspetta altro che la vostra sentenza: voi sète il giudice, la ruota e tutto il tribunale, e il vostro decreto sará inappellabile.
Guglielmo. Signor Pandolfo, voi non sète come i giovani, i quali come bestie non mirano piú oltre che cavarsi li loro sensuali appetiti; ma in quella etá che i calori della concupiscenza son giá spenti, né si devono destar con invigorirli con novi incendi di sozzi e disonesti pensieri ma mortificando la concupiscenza. Risvegliatevi da questo amor terreno in cui gran tempo dormito avete, e aprite gli occhi alla luce della veritá; e se non potete con la propria virtú, innamoratevi della gloria che vi solleverá, ché la madre della vera gloria è la propria virtú. Raccordatevi de’ vostri maggiori, delle loro grandezze, e cercate d’imitargli con tutti i vostri studi; di vostro padre che fu uno ritratto e una imagine del ben vivere, e con quanti degni e onesti costumi vi ave allevato: e che questa vita è molto indegna della gravitá e prudenza di che avete dato tanto presagio nelli anni giovanili, onde l’onor passato vi dovrebbe spronare a piú alti gradi di onore. ...
Pandolfo. Che ha da fare questa prattica con la sentenza che avete a dare?
Guglielmo. ... E ben sapete che le principali cose che si ricercano nel matrimonio sono le conformitá delle etadi e de’ costumi; né si devono violentare i figliuoli o le figliuole a tôr chi noi vogliamo. Or considerate che conformitá di etade è fra te e mia figliuola, ché ella è di sedici anni e tu di ottanta, che