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atto quinto 375

come io viverò con la mia desiderata Artemisia. Ma ecco il vignarolo inguglielmato overo Guglielmo invignarolato: se non vi será alcuno, suo figlio stima che sia suo padre.

SCENA II.

Guglielmo, Pandolfo, Lelio, Eugenio, Artemisia, Sulpizia.

Guglielmo. Sia ben trovato il mio caro Pandolfo!

Pandolfo. E voi benvenuto, mio desideratissimo Guglielmo! Come il medesimo desiderio ha spronato l’uno e l’altro, voi a partire ed io a desiderare il vostro ritorno; cosí la fortuna ave oprato che di nuovo ci rivediamo con sommo contento dell’uno e dell’altro, se ben che voi m’avete fatto aspettare, eh?

Guglielmo. Eh, fratello, ho patito tanti disaggi che volendoli raccontare mi moverei a compassione; ma perché son qua salvo, son pronto e volontaroso adoprarmi ne’ vostri servizi piú che mai.

Pandolfo. Ed io prontissimo ubbidir a tutto quello che mi viene commandato da voi. Ma dove è Eugenio mio figliolo?

Guglielmo. Sará qui fra poco, ché l’ho inviato a chiamare. Eccolo che viene.

Eugenio. Voi siate il benvenuto, signor Guglielmo!

Guglielmo. Voi ben trovato, Eugenio, mio caro figliolo! Ma perché siamo qui tutti in pronto, è ben che vengano ancora le nostre figliuole, accioché siano elleno ancor contente di quanto abbiamo a fare.

Pandolfo. Oh come dite benissimo! Eugenio, va’ su e chiama Sulpizia.

Guglielmo. E tu, Lelio, figliol mio, chiama Artemisia.

Pandolfo. (O buon vignarolo, con che bel prologo ha cominciato! Sará maggior l’obligo che avrò all’astrologo, che l’ha trasformato de volto, l’ha megliorato d’intelletto).

Guglielmo. Eccoci qua in pronto.