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370 | lo astrologo |
ma io conosco la sua natura maliziosa e furfanta. Allor sarò chiaro della veritá, se sarò ricevuto in casa di Guglielmo per l’istesso o per il vignarolo). S’apre la porta e ne vien fuori Armellina.
Armellina. O Guglielmo, padron caro, sassata al benvenuto!
Vignarolo. O Armellina cara, quanto ho desiderato vederti! prego il ciel che vi possa veder con un occhio, se non ho desiderato vederti! Vorrei che mi vedeste il cuore aperto, ché conoscessi quanto t’amo.
Armellina. Volesse il cielo, massime per mano del boia!
Vignarolo. Lascia almen che ti baci in fronte come figlia.
Armellina. Basta la buona volontá; ma io vo’ baciarti i piedi.
Vignarolo. Oh canchero! che mi hai fatto cadere, m’hai stroppiato!
Armellina. Venite in casa a far collazione, che sète stracco e ne dovete aver bisogno. (Giá ha ricevuto l’antipasto della collazione).
Vignarolo. Sappi, Armellina mia, che d’ogni minima cosa mi doleva, quando mi sommersi, di non aver a vederti mai.
Armellina. Quando, padrone, vi sommergeste in mare, non vedesti alcun pescespada che ti passa da un lato all’altro, e i pescirasoi che ti tagliano la faccia, e le balene che ti inghiottono vivo?
Vignarolo. Se avessi incontrato questi, mi avrebbono ferito o morto. Ma subito che son riposato un poco, vo’ maritarti.
Armellina. E chi mi volete dare? qualche bel giovane?
Vignarolo. Una persona che muor per te: è della simiglianza vostra, di altezza e di fattezze come io, molto simile a me.
Armellina. Sará dunque vecchio come voi. Dio me ne guardi! non vuo’ vecchio; se io mi accaso, lo fo per far figli come le altre.
Vignarolo. Non dico che sia vecchio come me, ma della mia statura, e molto simile fuorché nella vecchiezza. Ti fará star sempre in villa; mangiarai polli, piccioni, porchette, ricotte e frutti di ogni sorte.