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366 lo astrologo


Vignarolo. Sentitissimo!

Cricca. Donque sei il vignaiolo: ché se tu fussi Guglielmo, l’avria sentito Guglielmo e no il vignaiolo.

Vignarolo. Anzi, però l’ho sentito io perché son Guglielmo; se fusse il vignarolo, l’avria sentito il vignarolo e non Guglielmo.

Cricca. Io ho dato al vignarolo e non a Guglielmo. Ma dimmi, chi è innamorato di Armellina, il vignarolo o Guglielmo?

Vignarolo. Il vignarolo.

Cricca. Dimmi, ami tu Armellina ora o no?

Vignarolo. L’amo e straamo.

Cricca. Dunque tu sei il vignarolo, babuazzo, perché Guglielmo non ama la sua massara.

Vignarolo. Giá mi comincia ad entrare.

Cricca. Manigoldone, se Guglielmo è sommerso e morto o non è piú al mondo, se tu fussi Guglielmo saresti morto overo una persona di vento o d’aria; ma perché ti vedo e ti tocco, tu sei il vignarolo.

Vignarolo. Tu mi hai di sorte ingarbugliato il cervello che sto dubbioso se sia Guglielmo o il vignarolo; ma se sono trasformato giá e non sono Guglielmo, chi sono? sarò perduto e sarò qualche altro uomo o qualche bestia.

Cricca. Tu non sei divenuto una bestia perché sempre vi fusti.

Vignarolo. Io sono stato stimato Guglielmo da uno suo debitore, perché mi diede dieci ducati che li doveva, e da una sua innamorata, e son stato stimato da tutti Guglielmo; ma perché tu hai invidia della mia felicitá e non vorresti che fussi meglio di te, ti affatichi con tante ragioni a darmi ad intendere che non sia lui. Ma io sono Guglielmo a tuo dispetto. L’invidia ti rode: crepa d’invidia a tuo modo, teh, teh! Ma se pur n’hai tanta invidia, va’ all’astrologo che ha trasformato me, e fatti trasformar ancor tu.

Cricca. Quanto può la forza dell’imaginativa!

Vignarolo. Non basta il mondo a tôrmi da cosí soave pensiero d’essere Guglielmo: ci sono e ci voglio essere; e se non ci fossi, pur mi parrebbe d’essere. Or me ne vo’ a casa sua e allor conoscerò se sarò stato Guglielmo o il vignarolo.