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362 lo astrologo


Vignarolo. Io ne son padrone da quel tempo che ne fu padrone Guglielmo.

Guglielmo. Chi Guglielmo?

Vignarolo. Degli Anastasi.

Guglielmo. Guglielmo Anastasio? quello che andò in Barbaria per saldar la ragione con quel suo compagno e si sommerse nel golfo?

Vignarolo. Quello che tu dici.

Guglielmo. Or se Guglielmo si sommerse in quel golfo, come or si trova vivo nella cittade?

Vignarolo. Goffo! perché mi salvai nuotando.

Guglielmo. (Che dice costui?).

Vignarolo. Ed io avea promesso Artemisia a Pandolfo per moglie, ed egli a me Sulpizia sua figlia.

Guglielmo. (Cancaro! questo è ancor me: e dice tutto quello che son io e sa tutti i miei secreti, sí come avesse la mia persona e lo mio spirito). Ma avèrti, giovane, che io son Guglielmo, e son colui che andai in Barbaria per saldar le ragioni con quel mio compagno, ed io promisi la mia figlia a Pandolfo; ma se io non sono né posso essere altro che io, e tu non sei né puoi essere altro che Guglielmo, tutti duo saremo Guglielmo e tutti duo saremo uno.

Vignarolo. Se tu dici piú simili parole, ti batterò con una pertica come si battono le noci. Che asinitá! se siamo duo, io e tu, come siamo un solo?

Guglielmo. Almeno dimmi se io sia diventato te e tu me.

Vignarolo. E pur lá! taci e fai meglio per te.

Guglielmo. Puoi far tu che non sia quel che sono? e non sia Guglielmo?

Vignarolo. Orsú, togli, Guglielmo; ricevi, Guglielmo!

Guglielmo. Oh oh! dispiacemi che per li travagli del viaggio io sia sí fievole e cagionevole della persona che non possa difendermi.

Vignarolo. Or dimmi se sei Guglielmo! poiché non posso con le buone parole far che tu non sia, lo farò con i legni.

Guglielmo. Volessero i cieli che non fossi Guglielmo o che