Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/362

350 lo astrologo


Gramigna. Se non mi abreis presto, enviaré esta puerta per tierra.

Bevilona. È rotta la fune del saliscende: calo giú ad aprirne. (Presto, Guglielmo caro!).

Vignarolo. (Fo quanto posso!).

Gramigna. (Giá deve essere entrato nella botte: lo tratteneremo almeno per due ore ché non ada a casa, e ci torremo spasso del fatto suo). Viene ora. ¿Mujer, que haceis?

Bevilona. Ecco aperta; ché tanta fretta, marito? non volermi dar tempo di calar giú?

Gramigna. Tengo pressa porque ho mercado una onza de vino: es menester ora limpiarla donde es da ponerse, ché sará qui or ora. Piglia, Bevilona, di fuora.

Bevilona. Lasciamo far questo per oggi: lo faremo domani.

Gramigna. Es menester hacerlo ora.

Bevilona. Non ho tanta forza di portarla io qui fuora.

Gramigna. Yo te ayudaré: abre la porta; non es menester tanta fuerza, eccola desclavada. Quiero limpiarla.

Bevilona. Andate voi per lo vino, ché io la laverò.

Gramigna. Yo la limpiaré, ché ahora sará aquí lo vino. Trae aqui agua bulliente per limpiarla.

Bevilona. Dove è ora l’acqua calda per lavarla?

Gramigna. Toma quella che sta nel fuego per limpiar los pez.

Bevilona. Non posso ora, ché son stracca.

Gramigna. Se yo ne tomaré un palo, te ne dare cinquanta.

Vignarolo. (Misero me, che farò? mi scotterò tutto?).

Gramigna. Eres una mujer muy soberbia, non quere alzar algo sin palos.

Bevilona. Eccovi l’acqua.

Gramigna. Ponla por este aguiero, dalla qui, deja hacer á mi.

Bevilona. Ecco fatto.

Gramigna. Tomais vos de una parte, yo de la otra, y menealla un poco.

Bevilona. Non piú non piú, ché non posso!

Gramigna. Bien sta, ora lo quiero inviar alla marina.