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atto terzo | 343 |
Cricca. Oh che gran gridi!
Pandolfo. A cosí gran botta non ho cagione di dar cosí gran gridi?
Cricca. Che cosa avete, padrone?
Pandolfo. Oimè, son morto, son rovinato del tutto!
Cricca. E come? (Va bene il principio). Di che vi dolete?
Pandolfo. La camera è tutta sgombra de’ paramenti e delli argenti!
Cricca. (Ben, benissimo! fingete assai del naturale).
Pandolfo. Canchero, che non fingo, dico da dovere: mi è stata sgombrata tutta la camera!
Cricca. (Gridate piú forte che ne siate meglio udito).
Pandolfo. Non potrei gridar tanto quanto ne ho di bisogno: mi ha rubato quanto aveva e non aveva!
Cricca. (Ah, ah, ah! non posso tener le risa come finge bene!).
Pandolfo. Mi è stato rubbato il mio e quel d’altri!
Cricca. (Sforzatevi di gridare).
Pandolfo. Non ho piú voce, diavolo! e mi manca la voce, il fiato e l’anima.
Cricca. (Ah, ah, ah, chi non ridesse?).
Pandolfo. Con questo tuo ridere mi cresce la rabbia: la camera è rimasta piú netta che un specchio!
Cricca. (E dite da senno?).
Pandolfo. Da maledetto senno! la fenestra verso levante è aperta e scassata, e dubito che di lá sieno state levate le robbe.
Cricca. (Questo era quel «levante» cosí inimico a voi: la porta da ponente fu la vostra che vi poneste le robbe, e quella da levante vi ha levate le robbe).
Albumazar. Pandolfo, che avete che gridate cosí alto?
Pandolfo. Tutto l’apparecchio è stato tolto dalla camera!
Albumazar. Sperate bene.
Pandolfo. Come posso sperare bene, veggendo male?
Albumazar. I panni e vasi di argento ho consignato al vignarolo, l’ho chiusi in quell’altra camera vicina acciò siano ben guardati. Fermatevi qui, ché fra poco lo vedrete comparire qui fuori trasformato in Guglielmo e vi restituirá il tutto.