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atto secondo | 327 |
alla zappa, alla vanga, all’aratro, a’ buoi, anche a’ porci e all’asino ancora! Sicché risolviti, vignarolo, ad una bella occasione: quando sarò dentro, prometterò Armellina al vignarolo, farò stipulare i capitoli, li prometterò cento, ducento o trecento ducati; e quando ritornarò io, andarò con li capitoli in mano a ritrovar Armellina). Lo farò, sí sí, son risoluto.
Pandolfo. Sei risoluto?
Vignarolo. Risolutissimo; ma avvertite che vuo’ che mi promettiate far un altro piacere anco a me quando sarò in casa di Guglielmo.
Pandolfo. Ed a chi ho da mostrarmi cortese e amorevole se non a te che con ogni obbedienza dimostri servirmi, massime se per tuo mezzo conseguirò la mia Artemisia? Certo che non ti pagherò d’ingratitudine né di discortesia.
Vignarolo. Quando sarò dentro e che per opra mia recupererai la tua moglie, io prometterò Armellina sua serva al vignarolo; però quando sarò ritornato vignarolo a voi, mi facciate osservare la promessa con dir che or son in villa.
Pandolfo. Eccomi e con la persona e con la robba per servirti e porre navi e cavalli per osservarti la promessa, e sarò tuo campione.
Vignarolo. Su su, me ne son pentito: la cosa non può riuscire, resta per me.
Pandolfo. Che dici? che cervello è il tuo?
Vignarolo. Orsú, voglio servirvi.
Pandolfo. E ti vuo’ dar del mio ducento ducati piú di dote.
Vignarolo. Su, mano a’ fatti, andiamo all’astrologo, ché voglio transformarmi.
Pandolfo. E vuo’ che stii sempre tre mesi in letto e mangiar sempre maccheroni.
Vignarolo. Se non basta transformarmi, disformami, reformami e conformami ancora.
Pandolfo. Io so che i baci che ti dará Armellina si udiranno un miglio.
Vignarolo. Deh, andiamo presto, di grazia, ché io mi struggo, mi consumo e mi muoro!