Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/335


atto secondo 323


Armellina. E mò non m’hai parlato?

Vignarolo. Lasciami parlare.

Armellina. E mò che fai?

Vignarolo. Ragiono pur, ma vorrei... .

Armellina. Che vorresti?

Vignarolo. Sí sí, sai che vorrei? che mi volessi bene.

Armellina. Io per me non ti vo’ male.

Vignarolo. So ben che non mi vuoi male: pur non mi vuoi bene.

Armellina. Che vorresti dunque che facessi?

Vignarolo. Tôrmi per marito.

Armellina. Son poverella, non ho dote da darti.

Vignarolo. Mi basta la grandezza de’ tuoi costumi e della tua natura.

Armellina. Non vo’ che alcuno mi pigli: vuo’ stare come sto.

Vignarolo. Se vuoi stare come stai, diventarai salvatica.

Armellina. Come?

Vignarolo. La vite come sta sola cade in terra e s’insalvatichisce: la donna è la vite, l’uomo è il palo; se non ha il palo dove s’appoggia, sta male.

Armellina. Impalato possi esser tu da’ turchi!

Vignarolo. Ah, traditora, perché mi maledici?

Armellina. Burlo cosí con te.

Vignarolo. Ed io me lo prendo da dovero. Io non amo al mondo altri che te. Tutto il giorno piango e mi tormento, e per chi, ah? per te, lupa, cagna che ti mangi il mio cuore; e tanto potrei star senza amarti quanto far volar un asino. Se tu vuoi essere mia moglie, dal primo giorno ti fo donna e madonna di tutte le mie robbe, te le porrò in mano che le maneggi a tuo modo. Beata te, se tu farai a mio modo!

Armellina. Io vo’ che tu facci a mio modo.

Vignarolo. Facciasi, se non al mio, al tuo modo: tutto torna in uno, purché non resti di fuora. Ma io vorrei una grazia da’ cieli.

Armellina. Ed io un’altra.

Vignarolo. Che vorresti?