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ATTO II.
SCENA I.
Vignarolo, Armellina serva.
Vignarolo. (Sia maladetto Amore e quella puttana che l’ha cacato! Prima non conosceva altro pensiero che star alla villa; e doppo che mi sono innamorato bestialmente, mi par che in villa sia sempre inverno, e la primavera fuggirsi alla cittá per starsi con la mia Armellina. Son risoluto narrarle l’amor mio e richiederla, che alle donne bisogna dir qualche parola, poi lasciar fare al diavolo che sempre lavora. Ma eccola su l’uscio: vorrei parlarle, ma mi vien l’animo meno: vo’ far buon core e salutarla). Vi saluto centomila migliaia di volte, Vostra Signoria illustrissima, Vostra Altezza, Vostra Maestá.
Armellina. Oh, quanti titoli! vignarolo.
Vignarolo. Non sète voi la mia signora, la mia regina e la mia imperadora?
Armellina. Che cosa mi porti, vignarolo?
Vignarolo. Rispondi al saluto prima, poi mi chiedi che porto.
Armellina. Rispondi tu prima a me: se dici che son la tua imperadora, ti posso comandare.
Vignarolo. Porto il presente, mezzo al patrone e mezzo a te; e se ti piace tutto, piglialo tutto.
Armellina. Mi raccomando.
Vignarolo. Fermati un poco, ché son venuto a posta dalla villa per vederti...
Armellina. E mò non m’hai veduta?
Vignarolo. ...e parlarti ancora.