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318 lo astrologo


Pandolfo. Io non tocco né vedo piaga.

Cricca. Pian piano, di grazia, non toccate ché mi fate male, non mi fate morire innanzi tempo.

Pandolfo. Io dico che non hai male alcuno.

Cricca. Se pur guarisco non sarò mai piú uomo.

Albumazar. Sei vivo per me. Or alzati, ch’è passato quell’influsso maligno, e guai a te s’io non avessi remediato. Or va’ e schernisci l’arte dell’astrologia!

Cricca. Chiamatemi un medico che mi medichi.

Albumazar. Ti dico che stai bene: alzati su.

Cricca. Se ben pare che stia bene cosí di fuori, di dentro son tutto morto, oh oh!

Pandolfo. Cricca, tu non hai male alcuno.

Cricca. Ancorché parli e mi muova, pur non posso credere che sia vivo. Signor astrologo mio, ti chiedo perdono.

Albumazar. Impara a schernir gli astrologhi!

Pandolfo. Seguiamo, signor Albumazzaro.

Albumazar. E perché la luna, come dicemmo, da Capricorno passa in Acquario e in Pesce, il vostro Guglielmo è morto nell’acque e se l’hanno mangiato i pesci.

Pandolfo. Or io vorrei... .

Albumazar. So meglio indovinare il vostro cuore che voi stesso non sapete. Voi vorreste che lo facessi risuscitare, e che tornasse a casa sua e vi attendesse la promessa, e poi tornasse a morire?

Pandolfo. Questo è il mio desiderio.

Albumazar. «Sed de privatione ad habitum non datur regressus»: cioè col fiato delle stelle e de’ pianeti far risuscitare un uomo dalle ceneri, oh che stento, oh che manifattura! Ci bisogna una intelligenza planetaria delle grosse, che sono fastidiose e fantastiche, come quella di Giove e del Sole; e queste sorti di spiriti tanto ti servono quanto si pagano bene: e se voglio essere ben servito bisogna che io paghi meglio, senza le molte difficultá che porta seco questa impresa.

Pandolfo. Purché sia sodisfatto del mio desiderio, non guardarò a spesa nessuna.