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atto primo | 313 |
Gramigna. Liquore di pianeti, rugiade di stelle fisse, distillazioni di destini, quinte essenzie de fati, sugo di cieli.
Pandolfo. Come li raccoglie? come se li beve?
Gramigna. La notte, quando sta contemplando il cielo, li piovono su la gran barba, ed ei se li succhia e se li beve; l’avanzo si conserva, per quando ha sete, in certe botte grandi cerchiate di zodiachi, coluri equinoziali e orizonti; altri in certe botte mezzane cerchiate di tropici iemali ed estivali; e altri in certi barili cerchiati di cerchi artici e antartici.
Cricca. Di che paese è questo vostro mangiapianeti e cacaflussi?
Gramigna. Di uno paese di Lamagna detto Leccardia.
Pandolfo. Sa egli quando fa la luna nova?
Gramigna. Questa notte sará la luna nova.
Cricca. Che nova? che vecchia? è quella medesima che fu fatta col mondo.
Pandolfo. Quanto abbiamo questo anno di aureo numero?
Cricca. Né numero aureo né argenteo lo posso mai trovare nella mia borsa.
Pandolfo. Giovane, se la mia non è scortisia di dimandare, narratemi alcuno de’ suoi miracoli.
Gramigna. Dirò cose mirabili di stupore.
Cricca. Purché le vediamo.
Gramigna. Lega le donne con uno incanto...
Cricca. Ed io le so legare con un suono senza canto.
Gramigna. ...che vi seguono dove volete: ...
Cricca. Le lego io una fune al collo e le strascino.
Gramigna. ...dico con due parole che li dice dentro l’orecchie.
Cricca. Io so certe parole, l’una piú potente dell’altra, che se non fanno effetto alla prima, lo fanno alla seconda, e se no, alla terza; che è potentissimo. La prima volta le scongiuro per dieci ducati; se ricusan, per cento; e se pur restie, per mille: e con questo terzo scongiuro fo trottare i monti, non che le donne.
Gramigna. Lega un uomo ché non possa usare con la sua moglie.