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308 lo astrologo

SCENA II.

Pandolfo vecchio, Cricca servo, Gramigna.

Pandolfo. Cricca, io vo’ farti consapevole di uno mio secreto: e se le tue manigolderie, che hai usato contro di me fin ora, l’usarai in darmi sodisfazione, ti impadronirai del tuo padrone e mi conoscerai piú amorevole che mai; ché mai piú per l’adietro mi è accaduta una simile occasione.

Cricca. A che bisognan tanti proemi? pare come che ora m’aveste a conoscere.

Pandolfo. E perché è gran tempo che ti conosco, per ciò ho usato tanto proemio.

Cricca. Per chi donque mi conoscete?

Pandolfo. Per un grande uomo! Se non fussi un gran furfante e se avessi la coda dietro, saressi un diavolo per un uomo, ché vuoi far piú per Eugenio mio figliuolo che per me.

Cricca. E se mi avete in tale stima, non vi fidate donque di me, ché io non posso esser altro di quello che io sono.

Pandolfo. Potresti volendo, sta in tuo poter l’essere; e però ti ho detto: — Se sarai cosí prudente e savio come sei manigoldo, e farai per me quello che cerchi fare per mio figliuolo, avrai altra ricompensa da me ora, che non speri col tempo da mio figliuolo. — Però se sarai d’accordo meco e secondarai il mio desiderio, buon per te; ché se mi accorgo che mi fai delle tue, guai a te.

Cricca. Eccomi cosí manigoldo come voi dite, per ubidirvi e pormi ad ogni rischio per amor vostro.

Pandolfo. Ma perché dubito che cosí sia in mio favore come tu diventar uomo da bene, vo’ che mi giuri prima.

Cricca. Giuro a... .

Pandolfo. Tu non sai di che giurare, e dici: — Giuro a. —

Cricca. Giuro tutto quello che volete e non volete.

Pandolfo. Poiché sei cosí frettoloso al giurare, sarai piú volontaroso a non osservare.