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18 | l’olimpia |
SCENA V.
Mastica, Trasilogo.
Mastica. Eccomi, fior della cavalleria, re di paladini, gloria di rodomonti!
Trasilogo. Dove si va?
Mastica. Dove mi sento trascinar dalla gola.
Trasilogo. Tu vuoi dir che vorresti mangiar meco, eh?
Mastica. Fareste una opera pia: all’altro mondo ve la trovareste all’anima.
Trasilogo. Orsú vo’ che desini meco.
Mastica. O principe, o re, o capitano strenuo e valoroso!
Trasilogo. Che dice Olimpia di me?
Mastica. Che questa notte s’è sognata con voi e che voi le parete il piú bel gentiluomo del mondo.
Trasilogo. Haile tu detto che se ho un viso d’angiolo ho un cuor di diavolo? in somma la mia bellezza mi rubba gran parte della fama delle mie pruove; ché le genti vedendomi cosí bello non si ponno imaginare che sia quel satanasso, quel gran diavolo ch’io sono. Haile tu raccontato le cittá che ho prese, le tante volte che ho combattuto in steccato e le battaglie terribili c’ho fatte?
Mastica. Quali?
Trasilogo. ... Non devi esser di questa cittá o sei nato sordo, poiché non hai inteso per ogni cantone le mie pruove. Ascolta, che vo’ raccontartene una spaventevole che un tempo ebbi con la famosa Alitia. Questa è piú valorosa d’una Angroia, d’una Marfisa bizzarra, e siamo stati sempre capitalissimi inimici. Un dí bandimmo giornata: a lei vennero in aiuto i popoli grinei, dinamèi e dicei; a me i popoli alopecèi, epitáli ed epismirni. ...
Mastica. Oh che nomi da scongiurare spiriti! e sonovi questi popoli sul pappamondo?
Trasilogo. Tu sei poco prattico nelle guerre, però non li conosci.