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atto primo 17


Mastica. (Costui deve essere Adamo. Ma il pecorone s’è ricordato di tante cose e non ha fatto ancora parola della cucina).

Trasilogo. Ascolta, m’era dimenticato il meglio: fa’ ...

Mastica. (Che s’apparecchi benissimo da desinare).

Trasilogo. ... che si cuopra quel mio ritratto che sta in quello atto fantastico e bizzarro e con quegli occhi sfavillanti, che sarebbe impossibile che vedendolo Olimpia, che è una fanciulla, non le venghi lo spasimo. Ho tanta virtú in questi occhi che stando irato non è persona di sí intrepido core che vi possa fissar lo sguardo. ...

Mastica. (Oh! come fa bene a farlo coprire, ché non è uomo che non cali giú gli occhi per non veder quella faccia di stregone).

Squadra. Che sète forse basilisco?

Trasilogo. ... Non sai tu ch’ovunque vado vien meco la morte e lo spavento? e ovunque volgo lo sguardo fo tremar l’istesso ardimento, sí come proprio fusse il terremoto? ...

Squadra. Perché vien la morte con voi?

Trasilogo. ... Perché ha piú facende venendo meco che s’andasse con la peste e con la guerra accompagnata. Chi tronca piú teste? chi taglia piú gambe e braccia? chi scavezza piú colli? chi apre piú uomini per mezzo che questo mio braccio gagliardo? ...

Mastica. (Certo costui deve esser boia, poiché squarta uomini, taglia teste e scavezza colli).

Trasilogo. ... Di’ a Pelabarba, se venissero sergenti, capitani, colonnelli, maestri di campo o altre persone di conto a dimandarmi, gli dica che son ito a Palazzo, che S. E. tien Consiglio di Stato questa mattina. Tu compra robbe accioché s’apparecchi per questa sera, poi vieni a trovarmi dove tu sai.

Mastica. (Poiché compra robbe me gli vo’ scoprire; forse ne carpirò una colazionetta questa mattina).

Trasilogo. Ma io veggio Mastica. O Mastica mio galante!

Della Porta, Commedie - ii.