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260 gli duoi fratelli rivali

festa de’ tori comparve fra quelle gentildonne con una sottana gialla?

Don Ignazio. Quella istessa.

Don Flaminio. E questa è quella tanto onesta e onorata?

Don Ignazio. Quell'istessa.

Don Flaminio. Or veramente le cose non sono com’elle sono, ma come l’estima chi le possiede.

Don Ignazio. Che volete dir per questo?

Don Flaminio. Che non è tanta l’onestá e il suo merito quanto voi dite.

Don Ignazio. Dite cose da non credere.

Don Flaminio. Ma piene di veritá. Ma dove nasce in voi tanta meraviglia?

Don Ignazio. Anzi io non posso tanto meravigliarmi che basti.

Don Flaminio. Avete fatto molto male.

Don Ignazio. Si ho fatto bene o male non l’ho da riporre nel vostro giudizio.

Don Flaminio. Or non sapete voi ch’ella col far di sé copia ad altri dá da viver alla sua casa, la qual è piú povera di quante ne sono in Salerno e che senza la sua mercanzia non potrebbe sostenersi?

Panimbolo. (Oh come i colori della morte escono ed entrano nel suo volto!).

Don Ignazio. Si fusse altro che voi, ch’ardisse dirme questo, lo mentirei per la gola.

Don Flaminio. Perdonatemi si son forzato passar i termini della modestia con voi, ché quanto ve dico tutto è per l’affezione che vi porto.

Panimbolo. (Ah, lingua traditora!).

Don Flaminio. Dico che fate malamente, ché per sodisfare ad un vostro momentaneo appetito, e d’una finta bellezza di una donnicciola, non stimate una vergogna che sia per risultar al vostro parentado; ché ben sapete che una picciola macchia nella fama di una donna apporta vituperio e infamia a tutti.

Panimbolo. (L’ammonisce per caritá fraterna: che Dio lo benedica!) .