Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
252 | gli duoi fratelli rivali |
Leccardo. Le dirò che se non vi ama, con un soffio la farete volar per aria o, con un fúlgore degli occhi vostri mirandola, l’abrusciarete.
Martebellonio. Dille ciò che tu vuoi, ché le cortesi parole d’un mio pari minacciano tacitamente.
Leccardo. Ella spasima per voi.
Martebellonio. Poiché è cosí, dimmi: quando? come? Non m’intendi?
Leccardo. V’intendo bene; ma non so che dite.
Martebellonio. Mi porrai con lei da solo a solo?
Leccardo. Questa notte.
Martebellonio. Or sí che puoi comandarmi: sono assai amico delle preste risoluzioni, e per tal cagione nelle guerre ho conseguito grandissime vittorie. Ma venghiamo all’ora piú commoda a lei.
Leccardo. Quando dorme la vicinanza, alle due ore, la farò venir in questa casa terrena e vi sollazzarete con lei tutta la notte. Ma che segni mi darete quando venite di notte che vi conosca?
Martebellonio. Quando sentirai tremar la casa e la terra come se fusse un terremoto, son io che camino.
Leccardo. Andrò ad ordinar con lei l’ora che possa venir senza saputa di suo padre. Venite sicuramente.
Martebellonio. Andrò a cenare e sarò qui ad un tratto.
Leccardo. Oh com’è stata la venuta di costui a proposito! dalla cattiva via m’ha posto nella buona. Quando la fortuna vuol aiutare trova certe vie che non le trovarebbono cento consigli. Da Chiaretta non era possibile averne alcun piacere senza venir a’ ferri, dove pensandovi sudava sudor di morte; l’accoppiarò con costui di modo che l’uno non s’accorgerá dell’altro, e l’altro sará contento e ingannato. Veggio Chiaretta che toglie i ragnateli dalla porta dalla casa.