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atto secondo | 235 |
Eufranone. Va’ e poni lei e la casa in ordine.
Polisena. E con che la ponemo in ordine?
Eufranone. Ecco genti cariche di robbe. Ho per fermo che le mandi don Ignazio: conosco il suo cameriero.
SCENA VIII.
Simbolo, Eufranone, Polisena.
Simbolo. Signor Eufranone, il mio signor don Ignazio vi manda questi drappi di seta e d’oro per le vesti di Carizia e della sorella e di vostra moglie: ecco i maestri che faticheranno tutta la notte che sieno finite per domani all’alba; ecco i razzi per la sala e camere; in questa scatola son collane, maniglie d’oro, perle, gioie e altri abbegliamenti necessari. Questo sacchetto di scudi per lo banchetto e altri bisogni: che spendiate largamente in fargli onore, ch’egli supplirá al tutto, che in sí poco tempo non ha potuto far piú e che andrá sopplendo di passo in passo.
Eufranone. Tutto stimo sia piú tosto soverchio che manchevole; e so che ci onora non secondo il nostro picciolo merito ma secondo le sue gran qualitadi.
Simbolo. Dice che, se bene son immeritevoli di tanta sposa, col tempo fará conoscere la sua amorevolezza; e se comandate altro.
Eufranone. Che ci ha onorato piú del dovere; e bisognando, gli lo faremo intendere.
Simbolo. Adio, signori.
Eufranone. Ecco, o moglie, che non ho mentito punto di quanto t’ho detto.
Polisena. A Dio solo si dia la gloria, ché noi non siamo meritevoli di tanti favori per li nostri peccati.
Eufranone. Moglie, va’ e fa’ quanto t’ho detto, ché io andrò a convitar per domani tutti i parenti e la nobiltá di Salerno.