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atto secondo 219


Simbolo. ... Per chiarirmi di ciò, con non men subito che ispedito consiglio me ne vo in casa del conte di Tricarico, e non vedo genti né apparecchi di nozze. Piglio animo ed entro con iscusa di cercar don Flaminio, e me ne vo insin in cucina e non vi veggio né cuochi né guattari. Dimando di don Flaminio, e mi rispondono che è piú di un mese che non l’han veduto. Mi fermo e veggio il cappellano: entro in ragionamento con lui, e mi dice che il conte questa mattina è gito a Tricarico a caccia, e mi dice che molti giorni sono che del matrimonio piú non si tratta, anzi stima che don Flaminio vuol dargli la baia.

Don Ignazio. O Simbolo, che sia tu benedetto mille volte, ch’avendomi con la prima nuova tolto l’anima, con questa me l’hai riposta in corpo! Quando mi disobligarò di tanto obligo?

Simbolo. Or dunque, venendo a voi don Flaminio a farvi la proposta, accioché piú l’inganniate e confirmiate nel suo proposito, mostrate grandissima allegrezza, accettate l’offerta; e si dice per questa sera, voi diteli per allora.

Don Ignazio. Or questo sí che non farò io, ché non mi basteria il cuor mai.

Simbolo. Sará forza che lo facciate.

Don Ignazio. Mi farei uccider piú tosto.

Simbolo. E se non volete, farete che vostro fratello s’accorga che stiate innamorato di Carizia, e come uomo di torbido e precipitoso ingegno vi preverrá a tôrsela per moglie, o verrete a qualche cattivo termine insieme.

Don Ignazio. Dubbito di non incorrere in qualche inconveniente peggiore.

Simbolo. Che cosa di mal di ciò ne può avvenire?

Don Ignazio. Son disposto far quanto tu mi consigli.

Simbolo. Ecco madonna Angiola che viene a casa.