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atto primo | 213 |
sta gonfio di vento come un ballone e un giorno si risolverá in aria. Ha fatto mille arti, prima fu sensale, poi birro, poi aiutante del boia, poi ruffiano; e pensa con le sue bravate atterrire il mondo, e stima che tutte le gentildonne si muoiano per la sua bellezza). Ben trovato il bellissimo e valorosissimo capitan Martebellonio!
SCENA IV.
Martebellonio capitano, Leccardo.
Martebellonio. Buon pro ti faccia, Leccardo mio!
Leccardo. Che pro mi vol far quello che non ho mangiato ancora?
Martebellonio. So che la mattina non ti fai coglier fuori di casa digiuno.
Leccardo. E che ho mangiato altro che un capon freddo, un pastone, una suppa alla franzese, un petto di vitella allesso, e bevuto cosí alto alto diece voltarelle?
Martebellonio. Ecco, non ti ho detto invano il «buon pro ti faccia».
Leccardo. Quelle cose son digeste giá e fatto sangue nelle vene; ma lo stomaco mi sta vòto come un tamburro. Ma voi adesso vi dovete alzar da letto e far castelli in aria, eh?
Martebellonio. Ho tardato un pochetto, ché ho atteso a certi dispacci.
Leccardo. Per chi?
Martebellonio. Per Marte l’uno e l’altro per Bellona.
Leccardo. Chi è questo Marte? chi è questa Bellona?
Martebellonio. Oh, tu sei un bel pezzo d’asino!
Leccardo. Di Tunisi ancora.
Martebellonio. Non sai tu che Marte è dio del quinto cielo, il dio dell’armi? e Bellona delle battaglie?
Leccardo. Che avete a far con loro?
Martebellonio. Non sai che son suo figlio e son lor luogotenente dell’armi e delle battaglie in terra, com’eglino