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atto primo 203

Parca che la natura avesse fatto l’estremo suo forzo in lei per serbarla per modello de tutte l’altre opere sue, per non errar piú mai. Ella era sí bella che non sapevi se la bellezza facesse bella lei o s’ella facesse bella la bellezza; perché se la miravi aresti desiderato esser tutto occhi per mirarla, s’ella parlava esser tutto orecchie per ascoltarla: in somma tutti i suoi movimenti e azioni erano condite d’una suprema dolcezza. Un sí stupendo spettacolo di bellezza rapí a sé tutti gli occhi e cuori de’ riguardanti: restâr le lingue mute e gli animi sospesi, e se pur se sentiva un certo tacito mormorio, era che ogniuno mirava e ammirava una mai piú udita leggiadria. Io furtivamente mirava gli occhi di Carizia, i quali quanto erano vaghi a riguardare tanto pungevano poi, e quanto piú pungevano tanto piú ti sentivi tirar a forza di rimirargli; e riguardando non si volean partire come se fussero stati legati con una fune, talché non sapeva discernere qual fusse maggiore o la dolcezza del mirare o la fierezza delle punture: al fin conobbi che l’uno era la medicina dell’altro. E benché io prevedessi che quel fusse un principio d’una fiamma nascente, dalla quale ogni mio spirito dovea arderne crudelissimamente, pur non potea tenermi di non mirarla: onde per non esser osservato da mio fratello, il prendo per la mano e lo meno nello steccato. ...

Simbolo. Perché dubbitavate di vostro fratello?

Don Ignazio. Tu sai, da che siamo nati, avemo sempre con grandissima emulazione gareggiato insieme di lettere, di scrima, di cavalcare e sopra tutto nell’amoreggiare, ché ogniun di noi ha fatto professione di tôr l’innamorata all’altro. Il che s’avenisse cosí di costei, si accenderebbe un odio maggiore fra noi che mai fusse stato; sarebbe un seme di far nascer tra noi tal sdegno che ci ammazzaremmo senz’alcuna pietade.

Simbolo. Seguite. E poi?

Don Ignazio. ... Appena entrammo nello steccato, come in un famoso campo di mostrar virtude e valore, che fûr stuzzicati i tori, i quali furiosi e dalle narici spiranti focoso fiato vennero incontro noi. Onde se mai generoso petto fu stimulato da disio di gloria, fu il mio in quel punto; perché sempre volgea