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atto quinto 185

meravigliose maniere che l’anima mia cieca non se le sa imaginare piú grandi e stupende; e or non posso saper da lui chi sia.

Sinesio. Ti contentaresti che fusse tua sposa colei con la qual tu giacesti?

Erasto. Vorrei saper due cose: prima di che condizione ella sia... .

Sinesio. Di miglior che tu non sei, e con forse cinquantamila ducati di dote.

Erasto. Vorrei ancor sapere se il tôr costei per moglie fosse di vostro contento.

Sinesio. Io ne sarei contentissimo, né altro mi resta ad esserne contento a pieno se non che ne resti contento ancor tu.

Erasto. Ed io son contento, contentissimo.

Sinesio. Ed io farò che sia tua moglie. Nel fatto di Lidia, non è possibil che Cintio gli abbi usata violenza.

Erasto. Caro padre, di grazia dimmi chi sia la mia moglie.

Sinesio. Cintio è tua moglie: eccola bella e spedita.

Erasto. Come Cintio mia moglie? Padre, voi mi burlate.

Sinesio. Sappi che Cintio è donna, e il padre non l’ha saputo insino adesso. Ella, conversando teco e conoscendo il tuo merito e il suo, e conoscendosi degna di te e tu di lei, conoscendo Amasia indegna di te e tu di lei, s’occecò nell’amor tuo; né avendo animo di scoprirloti perché tu stavi invaghito di Amasia, per non morirsi di passione, si dispose ingannarti e giacque teco sotto nome di Amasia.

Erasto. O Dio, che intendo! ecco districato l’intrigo d’una intricatissima comedia: questa luce ha disgombrato tutte le tenebre del mio intelletto. Ho tanto legati i sensi che non so se sia vivo o morto: l’anima mia sta cosí confusa tra tanta meraviglia e allegrezza che non può mostrar quel mar di gioia dove or nuota. Ecco passo da un abisso di affanni ad un mar di delizie! O vivo spirto del cuore e dell’anima mia, chi sará piú di te generosa e amorevole, chi piú costante in amare, chi piú fedele in servire, chi nella conversazione piú dolce, chi ne’ trattamenti piú soave? O donna degnissima d’ogni onore, o essempio di eroica virtú, chi sará piú di te paziente, servente