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150 | la cintia |
quel pugnal li serve per busar le botti. Giá s’è alzato e se ne fugge, il poltrone).
Capitano. Qua qua, poltrone, volgeti a me!
Amasio. Eccomi; dove sei? Mi scappa di man come un’anguilla; mi provoca e poi fugge.
Capitano. Eccomi qua innanzi: mostri di non vedermi; dove fuggi?
Amasio. Fermati, dove sei balzato? Non so come trapassa per questi vicoli, ché me lo retrovo sempre dietro.
Capitano. Tu non vuoi vedermi né ti piace incontrarti con me. Eccomi qui: dove sei?
Amasio. Corro alla voce e gionto al luogo lo sento altrove. Se ti giungo ti farò ricordare di questa notte e di questo luogo.
Dulone. (Dove si vede mai la piú bella festa? lo sfida da un capo della strada, e come quel viene, se ne fugge per un vicolo e comparisce per un’altra strada; lo chiama, quel viene, ed egli scampa!) .
Capitano. Qua qua, se tu ne vuoi.
Amasio. Qui sento la voce, altrove sento il calpestio. Orsú vieni, che non vo’ che tu muoia per mia mano: la mia vendetta sia la tua vita infame: sopravivi alla tua codardia! — Questa è la casa di Lidia; vo’ fare il segno: fis, fis.
Dulone. (Ah, traditore, or sí che m’accorgo che tutto è vero quanto ho suspetto!).
SCENA VI.
Balia di Lidia, Amasio, Lidia, Dulone.
Balia. Cintio mio, sète voi qui?
Amasio. Sí ben, balia mia cara.
Balia. Lidia, Lidia figlia, che badi che non corri a ricevere il tuo Cintio?
Lidia. Cintio, anima mia, dove sei?
Amasio. Eccomi; e voi sète Lidia mia?
Lidia. Cosí fussi polvere e cenere non essendo riamata da voi!