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132 la cintia

sará insuspettito del fatto mio; onde, accioché la suspezione non alligni e vada crescendo nell’animo suo, è bisogno estirpar le radici e purgarla con altra evidente chiarezza).

SCENA V.

Amasio, Cintia, Erasto, Lidia, Balia di Lidia.

Amasio. (Desiderarci veder passar per costá Cintio per mostrar a Lidia che m’affatico a servirla. Ma non vorrei che Cintio s’accorgesse del fatto e che per mio mezo s’amassero da dovero e io fussi ministro del mio male; ma ragionando con lui vo’ ingannar l’uno e l’altra, e trattando di altra cosa li facesse ascoltar solo quelle parole che facessero a suo proposito).

Cintia. (Parlerò con Amasia ma non di Erasto, percioché, se da dovero s’amassero insieme e si scoprisse l’inganno, sarebbe spacciato il fatto mio ed io stesso m’arei data dell’ascia ne’ piedi. Ma bisogna ingannarlo, e se l’inganno non mi riesce, son rovinata. Parlerò di modo che alcune parole ne ascolterá egli che li parranno che vadino in suo favore, e parlerò basso poi quelle che non voglio che ascolti. Dio me la mandi buona!).

Amasio. (Ma ecco la balia di Lidia che vien fuori dalla sua casa). Balia balia! accostati a me.

Balia. Eccomi, signora mia.

Amasio. Di’ a Lidia che ascolti dalla fenestra ch’ora ragionerò di lei a Cintio, perché me ne porge occasione; e aiutami come m’hai promesso.

Balia. Molto volentieri; ma siate destra che né Cintio s’accorga di lei, né pur ella dell’inganno.

Cintia. (Io vo’ salutarla).

Amasio. (Io vo’ salutarlo). Signor Cintio, Dio vi dia ogni contento!

Cintia. Ne arei bisogno, signora Amasia mia padrona! E a voi doni Iddio ogni contento e felicitá; né bisogna ch’io domandi come stiate che vi veggio bellissima.

Amasio. L’affezion che mi portate vi fa parer cosí.