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126 | la cintia |
Dulone. Pazzo è chi accetta per isposa chi può giacer seco quando gli piace.
Erasto. Taci, lingua fradicia! Non so io il costume di servi, che come veggon un che sia caro al padrone se gli congiurano contro? tu cerchi turbar una coppia di amici cari come noi siamo.
Dulone. Questo s’acquista per dirsi il vero a’ padroni e per tener dal suo onore.
Erasto. Non mi sono accorto io che da certi giorni in qua tu l’odii?
Dulone. Perché da certi giorni in qua m’accorgo che vi tradisce.
Erasto. È gentiluomo, non fará cosa cattiva.
Dulone. Quel che non fa la natura, lo fa il mal uso. Ma io dubito che voi siate come colui che ha la febre al cervello, che vede una cosa per un’altra. Dice madonna Pandora ch’ella non vi conosce, che non ha ventre gonfio per pensiero; e voi dite che è vicina al parto.
Erasto. Pandora deve esser qualche porca come tu sei: vi sète accordati insieme per farmi cadere in odio Cintio. La domenica notte l’ebbi in braccio a suo e tuo dispetto: non sognava o stava in estasi, e credo piú a me stesso che a ninno.
Dulone. Non dico io che non siate giaciuto con una donna e che non sí l’abbiate impregnata, ma non è Amasia.
Erasto. Quella con la quale io giaccio ha il piú bel corpo che mai si sia visto, i piú gentili costumi che sieno in donna, la maggior accortezza che s’udí mai.
Dulone. Dubito che non siate come quello che dorme, che sempre sogna quel che desia, e desto poi trova il contrario; ma il giorno avete la mente cosí ripiena dalla sua imagine che la notte pur al buio vi par di godere l’istessa bellezza. Però vi dovreste risolvere di vederla ben di giorno e non starne con l’animo cosí dubioso.
Erasto. Se potesse essere saria giá fatto.
Dulone. Usate l’ingegno o la forza.