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ATTO II.
SCENA I.
Erasto innamorato, Cintia.
Erasto. (Non ho lasciato luogo nella cittá, dove suol conversar Cintio, che non abbia cerco, e non ho avuto ventura d’incontrarlo).
Cintia. (Ho caminato gran pezza con desio di veder un poco Erasto, perché son risoluta narrargli il mio caso sotto altri nomi e altre persone, per iscoprir qual sia il suo animo verso il mio).
Erasto. (Dove potrá esser gito costui?).
Cintia. (Giá lo veggio. Vo’ narrarglielo in ogni modo).
Erasto. (Ma eccolo). Dove si va, Cintio mio caro?
Cintia. Cercando di voi. E voi?
Erasto. Col medesimo pensiero son uscito di casa ancor io, che non è ben di me quel giorno che non vi veggio; però vi andava cercando.
Cintia. Cercavate uno che non si parte da voi mai.
Erasto. M’amate al solito, eh?
Cintia. Al solito, perché non si può piú, e salito al colmo non si può piú crescere.
Erasto. Non so come stiate di mala ciera, Cintio mio, e con un ventre gonfio: patite forse d’oppilazione o d’idropisia?
Cintia. Di cuor piú tosto; e i dolori son fatti meco sí familiari che non si partono da me mai e mi tengono oppresso cosí di corpo come d’animo. Ahi, ahi!
Erasto. Voi sospirate: certo che sète innamorato, e gli occhi ve lo manifestano.