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118 la cintia

SCENA VI.

Amasio, Balia di Lidia.

Amasio. Quanto sarei felice se quei baci, che mi dá pensandosi che sia donna, me li desse nella mia forma! O dolcezza che ho gustato in quei baci! par che ancora mi siedano nelle labra, anzi mi son discesi nel cuore e mi respirano d’un infocato piacere. Ahi, che di finti baci ne raccoglio veraci pene!

Balia. La poverina si pensa trattar con pecorelle e sta in mezo di lupi arrabbiati. Oh quanto fuggirebbe da voi, se li fossero palesi i vostri secreti e sapesse quello che si nasconde sotto la gonna!

Amasio. Le carezze che mi fa mi conducono alla strada della morte. Balia mia, pensa al mio male, ché beata te!

Balia. Vivete sicuro che per amor vostro un poco il cervello ho in volta, ché son rissoluta che il vostro desio giunga a felice fine.

Amasio. Ecco dieci altri scudi: tutte le mie speranze son volte a te. Vanne in buon’ora.

Balia. Restate felice. — Se Lidia non l’amerá da vero, farò con alcun inganno che l’ami. «Chi non rubba non ha robba»; «Con arte e con inganno si vive la mettá dell’anno, con inganno e con arte si vive l’altra parte».