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atto primo | 115 |
Amasio. È tanto l’amor sviscerato che vi porta che, sapendo che voi non siate vostra ma d’altri, non lascia far cosa per liberarvi dall’amor di questo ingrato di Cintio.
Lidia. Come sapete voi che m’ami?
Amasio. Ragionamo spesso de’ vostri amori.
Lidia. L’ho veduto io mai?
Amasio. Come avete veduto me.
Lidia. Ha ragionato meco mai?
Amasio. Come avete ragionato con me.
Lidia. Di che etá egli è?
Amasio. Della mia.
Lidia. E dice che mi ama?
Amasio. Anzi arde; né ardentissima fornace nodrisce tante fiamme nel suo seno quante egli ne nudre nel cuor suo per amor vostro.
Lidia. Perché non mi si scuopre?
Amasio. Perché vede che vi struggete per altri miseramente senza speranza alcuna.
Lidia. Certo che ha ragione ed è uomo di giudizio.
Balia. Ama, figlia, chi t’ama e odia a morte chi t’odia.
Lidia. Digli che me si scuopra.
Amasio. Se promettete di amarlo, lo fará volentieri.
Lidia. Dimmi prima chi sia.
Amasio. Non è negozio questo da spedirsi cosí in fretta; né egli è tanto vile che stia buttato in mezo la strada, che si lasci raccôr da ognuno.
Lidia. Che dice dell’amor mio?
Amasio. Che Amor è cieco, non ferisce chi deve, è ingiusto, poiché patisce che non sia riamato chi ama; maledice la sua mala ventura; chiama Cintio ingrato e senza core, ché non corrisponde con amore a tanto amore.
Lidia. Dicete una bugia: c’ho lasciato d’amar Cintio.
Amasio. Non lece dir bugie.
Lidia. È vero; ma è manco male quando giova a chi la dice e non nuoce a chi l’ascolta.
Amasio. Non giova dircela, perché sa tutti i miei pensieri.