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atto primo 105


Cintia. Quello istesso l’interverrebbe nella vegghia.

Balia. Che non le dia tanto martello.

Cintia. Io son piú atto a riceverlo che a darlo.

Balia. Al fin che in te solo è riposta la somma d’ogni suo bene, perché i cieli han riposto in te la bellezza, la grazia, la cortesia, il sapere e il tesoro di tutte le grazie, e dotatovi de’ loro favori di soverchio.

Cintia. Anzi mi manca il meglio e quello che piú l’importa.

Balia. O Dio, e che ti manca?

Cintia. Quello che manca a te e a lei.

Balia. Per dirtela, mostacion mio di zucchero, tu sei in ogni gesto grazioso, in ogni modo suave e in ogni cosa garbato e gentile, e hai un certo grazioso modo di procedere, che me ne sono innamorata anch’io: e se ben son vecchia, pur tutta mi risento e ti vorrei aver sempre innanzi, e per trastularmi un’ora teco pagherei la vita, non che la robba.

Cintia. Balia mia, se ti trovassi meco ti troveresti ingannata com’ella, ché non son buono né per te né per lei: che vuoi che ti dica piú?

Balia. O nemico delle cose belle, com’è possibile che non conoschi tanta bellezza: sei cieco, sei morto o non sei uomo?

Cintia. Proprio come hai detto.

Balia. Ché non drizzi ogni tuo pensiero verso lei?

Cintia. Io non ho pensiero da poterle drizzare.

Balia. Deh! non invidiar al mondo cosí bei figli che nascerebbon da te e da lei, ch’essendo tu cosí bello ed ella non men graziosa che tu sia, da una coppia di giovani cosí fioriti nascerebbono figli da farne piú bello il mondo.

Cintia. Se il mondo non aspettasse altri figli che da noi, tosto verrebbe meno.

Balia. Parli da femina.

Cintia. Cosí non fusse, ché non sarei in tanti guai!

Balia. Tu non sai che cosa è mondo né hai provato la dolcezza di amore, ché se l’assaggiassi una volta ti verrebbe ben voglia di tornarvi dell’altre.

Cintia. L’ho gustata tante volte che ne son stucco e pregno.