Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
ATTO I.
SCENA I.
Mitieto vecchio, Cintia sotto abito di maschio.
Mitieto. Talché, per dirvelo liberamente, Cintio mio caro, né maggior bellezza accompagnata da onestá, né maggior chiarezza di sangue congionta con umiltá trovarete, né maggior amor senza gelosia si vede in donna giamai di quello che porta ella a voi. E se in tutte le cose è qualche termine o modo, solo in amar voi ella non serva né termine né modo. Ella è non men d’opre che di nome chiara; si chiama Lidia, che è la pietra del paragone dove tutte le virtú si scuoprono e s’affinano: talché come cosa illustre e singulare, o sia in casa o sia in piazza o nelle chiese, tira a sé gli occhi e tien le lingue sospese e i pensieri di ciascheduno; e par che la natura e la fortuna l’abbiano dotata di tante grazie solo per farla vostra compagna. Onde di tanto favore voi dovreste a Dio un perpetuo rendimento di grazie; e voi sempre piú duro e ostinato in rifiutarla perseverate.
Cintia. Mitieto, io non ho visto né il piú duro né il piú ostinato uomo di te, che, avendomi ostinatamente tutt’oggi intronato il capo, ancora perseveri a molestarmi.
Mitieto. La cagione n’è Arreotimo vostro padre, il qual mi sforza a far questo ufficio con voi e pensa che il difetto venga da me, come io non sapessi persuaderlovi acconciamente, perché è rissoluto che voi abbiate ad ammogliarvi.
Cintia. Se ben a mio padre io sia stato in tutto ubidiente e abbia fermo proposito d’esser cosí sempre per l’avvenire, pur