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88 la sorella


Orgio. (Di maladetta!).

Pardo. ... mi scambiò la figlia, tenendosi la mia propria, e mi diè la sua per la mia. ...

Orgio. Ascoltate.

Pardo. Ascoltate, di grazia, voi, e non m’interrompete, accioché non cominciate a negar la veritá, e poi, negata, la vogliate defendere fin alla morte; e vengamo a liti, contrasti e questioni. Non accade nasconder quel che è palese: ho visto il testamento; e quel che lascia a sua figlia, quando si palesi il fatto, è quanto vi dico.

Orgio. Io so ben che...

Pardo. ... Dio ce ’l perdoni! che essendomi tolta da turchi, ho mandato mio figliuolo sin in Constantinopoli a riscattarla; e mi costa piú di cinquecento ducati, senza l’altre spese e travagli. Però toglietevi la vostra Sulpizia e restituitime la mia Cleria.

Orgio. ... ancor ch’io potessi con qualche convenevole scusa difendermi da questa calunnia, io non so farlo; ma confesso liberamente che mio fratello ebbe torto.

Pardo. Di grazia, non entriamo in rettoriche; né bisogna mi doniate quello che non mi potete vendere. Vo’ la mia figlia.

Orgio. Di grazia, non vi alterate e non alzate cosí la voce. Toglietevi la vostra figlia, ma non l’onor mio; ché, restituendovi poi la figlia, voi non potete restituirmi l’onore. Toglietevela quando volete, ché non vi si niega.

Pardo. Sia ringraziata la bontá divina, che prima scoverto si sia che sposati insieme; e che abbiamo spedito un negozio senza farci sentir dal mondo: e resteremo amici, come siamo stati sempre. Andiamo a casa mia o nella vostra, a far il cambio.

Orgio. Eccomi pronto a quanto volete.

Pardo. Venete a casa mia, che mangiaremo insieme, e poi ragionaremo de fatti nostri.

Orgio. Non posso, ho che fare, ci vengo con l’animo.

Pardo. Vo’ che ci vengáti in persona; e per la porta di dietro mandaremo a chiamar Sulpizia vostra, ch’io spasimo di vederla: e vi prego, concedetemi questa grazia.

Orgio. Faccisi quanto comandate.