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atto quarto 81

caverei quelle intestine dal corpo. Ma, se non me ti togli dinanzi, cosí donna come sono, ti caverò cotesti occhi con i diti, e ti strapparò il naso dalla faccia con i denti; e me ne insanguinarei insino all’unghie, cane ingrato e disconoscente.

Erotico. O che tu sei fuora di te o che ti sogni? che diavol t’ho fatto io, che non puoi temprar la lingua dall’ingiurie e narrarmi il fatto come passi?

Balia. Non posso piú patire l’importunitá e la mala creanza di costui.

Erotico. Meglio sará entrarmene ad Attilio e tormi dinanzi l’occasione di qualche nuovo errore.

Balia. Veggio Orgio, e m’ha vista ragionar con Erotico, disgraziata me!

SCENA X.

Orgio, Balia.

Orgio. A dio, buona donna.

Balia. Sí, che son buona donna, e se noi credi, te ne giurerò!

Orgio. Ti ho colta sul fatto, non puoi piú negarlo. Giá m’hai chiarito di quanto ne stava suspetto.

Balia. Che gran cosa che m’abbiate visto parlar con un giovane?

Orgio. Che parlavi di cose di stato, di astrologia o di filosofia?

Balia. Non si può dunque parlar d’altre cose?

Orgio. Le baliaccie, che han figliane da marito, parlando con i giovani, non puon dar buon odor di loro. Né fu mai figlia puttana, che la madre o la balia non le sia stata ruffiana.

Balia. Non vi potete doler di me, padron mio.

Orgio. Se tu m’avesti stimato padrone, e non una bestia, non mi aresti trattato nel modo che m’hai trattato.

Balia. Di che vi dolete di me?

Orgio. Chi ha portate e riportate l’ambasciate fra quel giovane e Sulpizia? o ridotti i loro amori nel termine dove or sono?