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atto terzo | 51 |
Pardo. Tuo figlio.
Pedolitro. Come mio figlio ha potuto dirvele, se non sa parlar italiano?
Pardo. Trinca, il mio servo, l’ha parlato in turchesco, ché l’ha imparato a parlar in Constantinopoli.
Pedolitro. Questo ha detto mio figlio?
Pardo. Anzi, di piú, che avete bevuto nell’osterie e state imbriaco, e non sapete dove abbiate il cervello.
Pedolitro. Mi fo la croce. Ierusalas adhuc moluc acoce ras marisco, viscelei havvi havute carbulah?
Turco. Ercercheter biradam suledi, ben belmen ne sulodii.
Pedolitro. Dice che è vero che un uomo l’ha parlato, ma che non intendeva che dicesse. Comis puree sulemes.
Pardo. Perché dunque li rispondeva?
Pedolitro. Accian sembilir belmes mie sulemes?
Turco. Accian ben cioch soler ben sen belmen sen cioch soler.
Pedolitro. Dice che, quantunque gli rispondesse e li dicesse che non intendeva quello che se li dicesse, pur gli parlava. Aman hierl cheret marfus soler, ben men comam me sulemes?
Turco. Aman hierl cheret marfus soler ben men comam me sulemes.
Pedolitro. Dice che sempre dicea marfus; ma non possea imaginarsi che cercava da lui. Io stimo che il vostro Trinca sia un gran trincato e buggiardo e volpe vecchia.
Pardo. Dite voi che sia sí bugiardo?
Pedolitro. Ho errato in dir bugiardo, ma bugiardone.
Pardo. Voi accrescete l’ingiuria.
Pedolitro. Anzi dico bugiardissimo; anzi tengo per certo che vi abbi beffato.
Pardo. Non so che mi fa ostinato in saper la veritá di questo fatto. Di grazia, se mi amate, ditemi chiaramente se mi avete detto la veritá.
Pedolitro. V’ho detto la veritá, e ne torrei ogni pena per confirmarla, se ne fusse bisogno. Restate sano, che vo’ andar a quel mio cugino.