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32 | la sorella |
quarti di vitelli intieri, teste di cinghiali, e posto a tavola ogni cosa intiera; non star sempre il salame a tavola morbido e succoso. Che maggior torto si può far alle torte, quando vengono fredde, e le midolle e i grassi gelati sopra? il brodo senza lardo e senza specie? gli arrosti secchi e mal impillottati? e il peggio di tutto, che il vin non sia eccellente, dolce, gagliardo e piccante? che ci bisognarebbe la fame arcigulonica per divorarle. Di questo mi son doluto alcune volte, e non del mancamento.
Trinca. Tu sai che sempre sei stato in capo alla tavola; e ogni cosa è venuto innanzi a te, e tu fai la parte e dái quel che ti piace a gli altri; e ti sei alzato da tavola con la faccia piú rossa di un gambaro boglito.
Gulone. È vero.
Trinca. Perché dici il contrario, quando mangi con altri? e quando mangi con noi, dici mal di loro?
Gulone. E perciò vuol entrar in colera meco?
Trinca. Il capitano ha detto tant’altre cose di te al padrone, che non si direbbero di un boia.
Gulone. Che può dolersi di me il capitano? Che sia maledetta quella puttana che lo cacò!
Trinca. Che, andando tu in casa sua, ti fará dar cinquanta bastonate.
Gulone. Vada in bordello egli e la sua razza! (Queste son quelle legne che dicea poco innanzi, e cinquanta nespole acerbe).
Trinca. Il padrone ha giurato farti dar altre cinquanta bastonate.
Gulone. Cinquanta bastonate piú o meno poco importa.
Trinca. Farti romper la testa e sfreggiarti il volto.
Gulone. Facciami quel che vuole, gli sarò sempre amico e non mi allontanare dalla sua tavola.
Trinca. Farti ligar in una camera terrena:...
Gulone. (Queste son corde ch’io stimava di cembalo).
Trinca. ... e farti dieci crestieri il giorno, accioché evacui bene; poi attaccarti con i piedi in su, finché vomiti quanto hai mangiato in casa sua; poi darti due fette di pane il giorno e un becchiero d’acqua...