Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
352 | la tabernaria |
Lardone. Dateci almen da mangiar, per amor de Dio.
Tedesco. Né per amor delle diable.
Lardone. Rispondete almeno.
Pedante. L’uscio che ci ha serrato nel volto risponde per lui.
SCENA IX.
Pedante, Lardone.
Pedante. Questo incontro m’ave acceso una face arsibile intorno al core, perché per mio solo dedecore m’ha serrato l’uscio sul volto. Sarò propalato per infame per tutto il mondo.
Lardone. Anzi per mio, perché mi publica per un affamato.
Pedante. A te pare cosí?
Lardone. Anzi è cosí, e non mi pare; perché io son quello che resto morto di fame e di sonno.
Pedante. Anzi, a tutti due; e tutti due restiamo affrontati e di affronto grande: a me per le donne e a te per la fame.
Lardone. A me non dá pena l’affronto della donna, ma perché mi muoio di fame.
Pedante. Il carico fatto a me è fatto al piú famoso uomo del mondo.
Lardone. S’il carico è fatto al piú famoso, dunque è fatto a me che sono ora il piú famoso uomo del mondo e di quanti affamati fur mai.
Pedante. Mai dal mio nemico sidere m’accadde cosa come questa.
Lardone. Né a me mai verrá questa notte in fantasia, che il mio stommaco non si risenta.
Pedante. Si dirá per tutto il mondo che Tito Melio Strozza gimnasiarca ha perduto la figlia con la balia, si scriverá per le gazzette, e i scrittori de nostri tempi lo scriveranno per l’istorie; né io potrò piú comparir fra letterati.
Lardone. Il manco pensiero che hanno i letterati di questi tempi è di scrivere i fatti tuoi.