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atto terzo | 347 |
Giacoco. Me pare ca no la vuoi ntennere e me esci dello semmenato. Che ci vuoi le ciarammelle e lo colascione?
Spagnolo. Á vos digo, bodeguero, gente malvada, que me dais mis ropas.
Giacoco. Dice ca simmo potecari de marva. Nui simmo potecari de vernecocche e de nespole e le vendimmo a buon mercato. Ha la capo tosta, ha pigliato la zirria de non se partire.
Giacomino. Cappio, con un pugno fagli cadere un dente.
Giacoco. E da parte mia, dui scervecchie e dui seguzzuni.
Cappio. Questo a don Ladron, quest’altro al capitan avantaggiato, e questo al nato come il re.
Spagnolo. Yo iré á tomar mi espada y en dos golpes, chis chas, os haré mil pedazos.
Giacoco. N’arai reppoliata na bona remmenata de mazze, mò va’ e torna per l’autra: va’ e vienici a fare no nudeco alla coda.
SCENA VII.
Pedante, Giacoco, Giacomino, Cappio, Lardone.
Pedante. Tabernario!
Giacoco. Ora chesta è autro che crepantiglia. A me tavernaro? tu ne menti e arcimenti pe le canne della gola!
Pedante. Avemo baiulato li suppellettili...
Giacoco. Che sopraletti e sottoletti?
Pedante. ... et alia muliebria indumenta.
Giacoco. Io non veo né muli né iommente. Va’, frate mio, e fatte fare na cura co li mutilli, ca te purga ssi mali ammuri.
Giacomino. Costui se non è imbriaco da dovero, farnetica da buon senno.
Giacoco. Dimmi, si’ ommo o lombardo, si’ iudio o cristiano, ca no te ntenno ca dici.
Pedante. Sum vir probus et circumspectus procul dubio.
Giacoco. Ha nommenato ser Pruocolo da Puzzuolo: m’ave cèra de cristiano.
Giacomino. Sará qualche pedante.