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atto terzo 343


Giacoco. Chiappino, ch’aggio avuto na mala cacavessa, e lo Celo sa quanti vernacchi me sono scappati, ca se non me ne appalorciava, bello me ne rappoleiavano; e mò forria nmano de turchi. E mò stava mirando sta casa!

Cappio. Perché stavate mirando questa casa?

Giacoco. Pensava entrare alla casa mia e l’aggio trovata taverna; e no todisco mbriaco me volea fare accussine, e se non era sapatino, me carfettava a crepapanza, a serra de lino.

Cappio. E voi stimate che questa sia casa vostra? Voi sète fuor di cervello: questa è l’osteria del Cerriglio, e la vostra casa è un pezzo lontano di qua.

Giacoco. Me penzo ca me s’è sbotato lo celevriello dintro la catarozzola, ca io no saccio se so isso o no, né chi pozzo essere. Ma tu che vai sanzarianno a chest’ora per Napole?

Cappio. Vostro figlio m’ha mandato al libraro per aver certi libri per studiare tutta la notte.

Giacoco. Che libri?

Cappio. Barattolo ribaldo, Sal in aceto e Paolo te castre.

Giacoco. Puozzi essere castrato tu e tutti li pari tuoi.

Cappio. Andiamo a casa, ché so tre ore di notte; e a quest’ora fa un freddo molto grande e s’è levata una tramontana penetrativa che fa molto danno alle teste de vecchi.

Giacoco. Se non tornavo, era bello e cacato. Ma dimmi, avite spiso chille cincoranelle?

Cappio. Attendete alla salute vostra e poi cercate le cinque grana. Copritevi la testa con la cappa, ché il vento non vi faccia danno.

Giacoco. Pell’arma de vávemo, ca dici buono. Coprela bene.

Cappio. Sta bene cosí?

Giacoco. Tu m’hai coperto l’uocchi commo si fa alli farcuni co lo cappelletto o commo alli cavalli marvasi quanno si strigliano.

Cappio. Cosí bisogna coprire, ché non offenda il vento.

Giacoco. E commo pozzo bedere la via?

Cappio. Appoggiatevi al mio braccio, ch’io vi condurrò a casa; ché la notte è tanto oscura che, se foste con il capo scoperto, non vedreste la via.