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atto primo | 313 |
Giacomino. Come musica?
Cappio. Porre in un fazzoletto alcuni scudi e poi dargli due squassatine che rendano suono, perché il suono de’ scudi si fa sentir da lungi e fa piú dolce armonia di qualsivoglia istrumento, e massime se son traboccanti.
Giacomino. Pur bisogna disporgli.
Cappio. Essi risponderanno e disporranno meglio di voi.
Giacomino. Baciagli le mani da mia parte.
Cappio. I scudi gli faranno i baciamani meglio che voi.
Giacomino. Dove son questi scudi?
Cappio. Pigliate i capelli d’Altilia che son di miniera, coceteli al foco del vostro core, batteteli col martello, col quale amor vi picchia, in verghe e fatene scudi; o vendete quei rubini, zafiri e perle del suo volto, e cominciate a smaltir cosí gran tesoro.
Giacomino. Quei capei tutti son lacci per incatenarmi ed appiccarmi. Ma eccoti diece scudi che gli ho accoppiati col risparmio di quest’anno a tal effetto.
Cappio. Or sí, che il focile arde ed il martello lavora.
Giacomino. Rinnova l’amor con Lima, ché ci porghi il suo aiuto; ché questa mona Onesta sarebbe per corromper l’onestade.
Cappio. Questi danari e il desiderio che ho di servirvi mi giongeranno l’ali a’ piedi e mi faran correr velocissimo.
Giacomino. Pártiti or ora con quella prestezza che si richiede al mio desiderio, ché la prestezza e diligenza è madre del buon esito delle cose.
Cappio. Entrate, ch’io provedendomi d’alcune cose per il viaggio, mi porrò in camino.
SCENA III.
Lardone, Antifilo.
Lardone. (O Cielo, che trovasse alcuno che mi ricevesse a pranso questa mattina!).
Antifilo. (O Cielo, o stelle, che v’ho fatt’io, che mi trattate cosí male? O morte, perché sai c’ho in odio la vita, però non me la togli?).